La parrocchia di Bosto non ha un gruppo missionario strutturato, ma ha alimentato nel proprio interno uno spirito missionario che non si accontenta di Giornate Missionarie ufficiali, ma si esprime in attenzioni continuate. Alla chetichella le iniziative germogliate nel corso degli ultimi anni si sono radicate nel profondo del tessuto parrocchiale producendo frutti di solidarietà umana e cristiana, caratterizzati da preghiera ed impegno economico.
Elenchiamo le tre più importanti. Le circa 300 adozioni a distanza consentono tutt’ora ai bambini della DIOCESAN EDUCATIONAL SOCIETY di VIJAYAWADA in India di poter studiare e acquisire le condizioni di una umana emancipazione e di una maggiore possibilità di lavoro. In una seconda pista la parrocchia ha sponsorizzato gli studi teologici di John Mary Vianney in Uganda, diventato sacerdote due anni fa, che per altro ha soggiornato a Bosto nel 2016 per un mese circa. Egli ormai è diventato quasi un familiare di Bosto. In una terza linea, che ci deve stare particolarmente a cuore, parliamo di Giorgio e Marta che, cresciuti a Bosto e accompagnati spiritualmente da don Pietro, hanno deciso da anni di operare in Uganda dove hanno riversato ogni loro energia. Ora, dopo le meritate vacanze natalizie, Marta, Giorgio e la loro piccola Anita sono in partenza per ritornare nella loro amata Uganda ed è importante continuare a mantenere i contatti con loro: i rapporti a distanza sono proficui per loro e per noi. Per questo sul sito internet della Comunità (www.santantonioabatevarese.it) ci sarà una pagina dedicata a loro dove ci daremo notizie e scambieremo pensieri ed esperienze. Intanto cominciamo ad ascoltare Giorgio che ci dà un succinto ragguaglio sulla esperienza sua e di Marta: Siamo Giorgio e Marta una coppia di sposi che è ormai arrivata al 7mo anno di missione e di progetti missionari come fidei donum della Diocesi di Milano, per l’Ordine dei frati minori francescani ofm. Dall’anno scorso si è unita a noi, più o meno volontaria, la nostra piccola Anita, che nel suo primo anno di vita ha imparato già ad amare l’Africa e la sua gente. Ma facciamo un passo indietro, un lungo passo che per noi vale l’esperienza di una vita, l’esperienza che come nessun’altra ha dato sale alle nostre vite, al nostro matrimonio, al nostro presente e futuro. Nel 2010 conosciamo Padre Carmelo ofm, con lui nasce l’idea e la proposta di una missione francescana guidata da laici. Accettiamo con entusiasmo, fede e un po’ di sana incoscienza. Eccoci nel 2012 su un aereo per iniziare a ‘costruire’ il nostro intervento - opera di missione. Da allora la nostra avventura non ha più fatto marcia indietro e lo Spirito ci ha accompagnati su vette splendide e insperate. Al servizio dei frati siamo riusciti a inaugurare una nuova missione che oggi offre anche esperienze di accoglienza e ospitalità, per cui in primis v’invitiamo a passare qualche settimana in nostra compagnia. Ora inoltre gestiamo un centro educativo per la disabilità, da noi avviato, in particolare bambini con disabilità mentali e fisiche. Seguiamo inoltre un piccolo orfanotrofio – rifugio, per bambine orfane e non che hanno subito e vissuto forme di schiavitù o violenza. Questo è solo un brevissimo riassunto che se vorrete invece approfondire più intimamente e fraternamente potete farlo anche contattandomi personalmente alla mia mail personale albeta@hotmail.it o tramite WhatApp al n° +393334871377 (Giorgio). Vi aspettiamo anche sul sito www.santantonioabatevarese.it Giorgio, Marta e baby Anita
Elenchiamo le tre più importanti. Le circa 300 adozioni a distanza consentono tutt’ora ai bambini della DIOCESAN EDUCATIONAL SOCIETY di VIJAYAWADA in India di poter studiare e acquisire le condizioni di una umana emancipazione e di una maggiore possibilità di lavoro. In una seconda pista la parrocchia ha sponsorizzato gli studi teologici di John Mary Vianney in Uganda, diventato sacerdote due anni fa, che per altro ha soggiornato a Bosto nel 2016 per un mese circa. Egli ormai è diventato quasi un familiare di Bosto. In una terza linea, che ci deve stare particolarmente a cuore, parliamo di Giorgio e Marta che, cresciuti a Bosto e accompagnati spiritualmente da don Pietro, hanno deciso da anni di operare in Uganda dove hanno riversato ogni loro energia. Ora, dopo le meritate vacanze natalizie, Marta, Giorgio e la loro piccola Anita sono in partenza per ritornare nella loro amata Uganda ed è importante continuare a mantenere i contatti con loro: i rapporti a distanza sono proficui per loro e per noi. Per questo sul sito internet della Comunità (www.santantonioabatevarese.it) ci sarà una pagina dedicata a loro dove ci daremo notizie e scambieremo pensieri ed esperienze. Intanto cominciamo ad ascoltare Giorgio che ci dà un succinto ragguaglio sulla esperienza sua e di Marta: Siamo Giorgio e Marta una coppia di sposi che è ormai arrivata al 7mo anno di missione e di progetti missionari come fidei donum della Diocesi di Milano, per l’Ordine dei frati minori francescani ofm. Dall’anno scorso si è unita a noi, più o meno volontaria, la nostra piccola Anita, che nel suo primo anno di vita ha imparato già ad amare l’Africa e la sua gente. Ma facciamo un passo indietro, un lungo passo che per noi vale l’esperienza di una vita, l’esperienza che come nessun’altra ha dato sale alle nostre vite, al nostro matrimonio, al nostro presente e futuro. Nel 2010 conosciamo Padre Carmelo ofm, con lui nasce l’idea e la proposta di una missione francescana guidata da laici. Accettiamo con entusiasmo, fede e un po’ di sana incoscienza. Eccoci nel 2012 su un aereo per iniziare a ‘costruire’ il nostro intervento - opera di missione. Da allora la nostra avventura non ha più fatto marcia indietro e lo Spirito ci ha accompagnati su vette splendide e insperate. Al servizio dei frati siamo riusciti a inaugurare una nuova missione che oggi offre anche esperienze di accoglienza e ospitalità, per cui in primis v’invitiamo a passare qualche settimana in nostra compagnia. Ora inoltre gestiamo un centro educativo per la disabilità, da noi avviato, in particolare bambini con disabilità mentali e fisiche. Seguiamo inoltre un piccolo orfanotrofio – rifugio, per bambine orfane e non che hanno subito e vissuto forme di schiavitù o violenza. Questo è solo un brevissimo riassunto che se vorrete invece approfondire più intimamente e fraternamente potete farlo anche contattandomi personalmente alla mia mail personale albeta@hotmail.it o tramite WhatApp al n° +393334871377 (Giorgio). Vi aspettiamo anche sul sito www.santantonioabatevarese.it Giorgio, Marta e baby Anita
L’erezione della parrocchia di Bosto, unita a Giubiano, avvenne nel 1575 (Registro parrocchie e canonicati diocesi di Milano, 1502). Tra XVI e XVIII secolo la parrocchia di San Michele di Bosto è costantemente ricordata negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi e dai delegati arcivescovili nella pieve di Varese.
Nel 1755, durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli, il clero nella parrocchia dei Santi Michele e Chiara di Bosto era costituito dal solo parroco; per il popolo, che assommava a 538 anime complessive, di cui 369 comunicati, era istituita la scuola della dottrina cristiana; nella parrocchiale era costituita la confraternita del Santissimo Sacramento e della Santissima Trinità, eretta nel 1686 e aggregata il 2 luglio 1686 all’arciconfraternita della Santissima Trinità in Roma, i cui ascritti seguivano le regole dei disciplini e avevano facoltà di portare l’abito di colore rosso. Nel territorio della parrocchia, oltre alla chiesa di San Michele, esisteva l’oratorio di San Pietro apostolo (Visita Pozzobonelli, Pieve di Varese).
Verso la fine del XVIII secolo, secondo la nota specifica delle esenzioni prediali a favore delle parrocchie dello stato di Milano, la parrocchia di San Michele di Bosto possedeva fondi per 11.11 pertiche; il numero delle anime, conteggiato tra la Pasqua del 1779 e quella del 1780, era di 565 (Nota parrocchie Stato di Milano, 1781). Nella coeva tabella delle parrocchie della città e diocesi di Milano, la rendita netta della parrocchia di Bosto assommava a lire 460.19; la nomina del titolare del beneficio parrocchiale spettava all’ordinario (Tabella parrocchie diocesi di Milano, 1781).
Nel 1898-1899, all’epoca della prima visita pastorale dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari nella pieve e vicariato di Varese, il reddito netto del beneficio parrocchiale assommava a lire 570.82; il clero era costituito dal parroco e da un coadiutore. I parrocchiani erano 1650, compresi gli abitanti delle frazioni di Bustecca, Rosario, Mentastina, Bustecca Bossi, Ca’ di Sasso, Nisontano, Boveri; nel territorio parrocchiale esistevano le chiese e oratori di San Michele e di San Carlo; nella chiesa parrocchiale era eretta la confraternita del Santissimo Sacramento, la pia unione delle Figlie di Maria, la compagnia di San Luigi Gonzaga. La parrocchia era di nomina arcivescovile (Visita Ferrari, I, Pieve di Varese).
Nel XIX e XX secolo, la parrocchia di San Michele arcangelo di Bosto è sempre stata inserita nella pieve e vicariato foraneo di Varese, nella regione III, fino alla revisione della struttura territoriale della diocesi, attuata tra il 1971 e il 1972 (decreto 11 marzo 1971, RDMi 1971; Sinodo Colombo 1972, cost. 326), quando fu attribuita al nuovo vicariato foraneo e poi decanato di Varese, nella zona pastorale II di Varese.
ultima modifica: 04/01/2007
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
Link risorsa: http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/8115253/
Nel 1755, durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli, il clero nella parrocchia dei Santi Michele e Chiara di Bosto era costituito dal solo parroco; per il popolo, che assommava a 538 anime complessive, di cui 369 comunicati, era istituita la scuola della dottrina cristiana; nella parrocchiale era costituita la confraternita del Santissimo Sacramento e della Santissima Trinità, eretta nel 1686 e aggregata il 2 luglio 1686 all’arciconfraternita della Santissima Trinità in Roma, i cui ascritti seguivano le regole dei disciplini e avevano facoltà di portare l’abito di colore rosso. Nel territorio della parrocchia, oltre alla chiesa di San Michele, esisteva l’oratorio di San Pietro apostolo (Visita Pozzobonelli, Pieve di Varese).
Verso la fine del XVIII secolo, secondo la nota specifica delle esenzioni prediali a favore delle parrocchie dello stato di Milano, la parrocchia di San Michele di Bosto possedeva fondi per 11.11 pertiche; il numero delle anime, conteggiato tra la Pasqua del 1779 e quella del 1780, era di 565 (Nota parrocchie Stato di Milano, 1781). Nella coeva tabella delle parrocchie della città e diocesi di Milano, la rendita netta della parrocchia di Bosto assommava a lire 460.19; la nomina del titolare del beneficio parrocchiale spettava all’ordinario (Tabella parrocchie diocesi di Milano, 1781).
Nel 1898-1899, all’epoca della prima visita pastorale dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari nella pieve e vicariato di Varese, il reddito netto del beneficio parrocchiale assommava a lire 570.82; il clero era costituito dal parroco e da un coadiutore. I parrocchiani erano 1650, compresi gli abitanti delle frazioni di Bustecca, Rosario, Mentastina, Bustecca Bossi, Ca’ di Sasso, Nisontano, Boveri; nel territorio parrocchiale esistevano le chiese e oratori di San Michele e di San Carlo; nella chiesa parrocchiale era eretta la confraternita del Santissimo Sacramento, la pia unione delle Figlie di Maria, la compagnia di San Luigi Gonzaga. La parrocchia era di nomina arcivescovile (Visita Ferrari, I, Pieve di Varese).
Nel XIX e XX secolo, la parrocchia di San Michele arcangelo di Bosto è sempre stata inserita nella pieve e vicariato foraneo di Varese, nella regione III, fino alla revisione della struttura territoriale della diocesi, attuata tra il 1971 e il 1972 (decreto 11 marzo 1971, RDMi 1971; Sinodo Colombo 1972, cost. 326), quando fu attribuita al nuovo vicariato foraneo e poi decanato di Varese, nella zona pastorale II di Varese.
ultima modifica: 04/01/2007
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
Link risorsa: http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/8115253/
La chiesa di Sant'Imerio venne costruita sul luogo di una precedente chiesa di origine longobarda e prende la sua attuale dedicazione dal Santo trucidato con il compagno Gemolo in Valganna nel 1047. Un'antica tradizione del secolo XI li presenta, infatti, come accompagnatori di un vescovo in viaggio per Roma proveniente da Oltre Alpi, che si recava dal papa per adempiere all'obbligo della visita ad limina apostolorum. Imerio e Gemolo furono uccisi durante una rapina a colpi di pugnale in Valganna da una banda di malfattori provenienti dal paese di Uboldo. Gemolo fu sepolto a Ganna (e nel luogo nel 1095 sorse l'attuale abbazia a lui dedicata) mentre Imerio che era fuggito verso Varese ferito mortalmente, fu sepolto nella chiesa di S. Michele di Bosto che in seguito prenderà il suo nome.
Dell'edificio originario, dopo l'ampliamento della zona presbiterale nei secoli XIV e XV e altre aggiunte Seicentesche, non resta che la parete meridionale della navata. Negli anni trenta del secolo passato, demolita una costruzione a ridosso di questa parete, è comparsa parte della muratura romanica costituita da grossi ciottoli, talvolta disposti a spina di pesce, e pietre non squadrate. Nella parte superiore sono tre finestre a doppio strombo, con piano inclinato e feritoia a sezione rettangolare. La tipologia della muratura e quella delle finestre fanno propendere gli studiosi per una datazione all'XI secolo.
Nel presbiterio invece sono gli affreschi in "stile gotico internazionale maturo". Attualmente la decorazione della volta e delle pareti nord e sud dell'abside è pressoché scomparsa o comunque poco leggibile. Nelle vele della volta, divisa da costoloni, era il Cristo in mandorla e i Dottori della Chiesa. Sulla parete nord e sud si Sarcofago - mensa della Chiesa di Sant'Imerio intravedono resti di una elaborata struttura architettonica seriale arricchita da cuspidi e fastigi in stile gotico, che inquadrano un motivo a conchiglia centrale.
Probabilmente questa partizione doveva accogliere le figure degli Apostoli. La parete di fondo è occupata invece da una Crocifissione con Maria, san Giovanni e la Maddalena ai piedi della Croce, inquadrata da San Michele e un Profeta, come se si trattasse di un'ancona.
Di pregevole fattura gli affreschi nelle cappelle laterali, certamente degni di un approfondimento più dettagliato. Nella cappella destra si trova la raffigurazione di una Madonna col Bambino attorniata da Santi, questi ultimi della seconda metà del XVII secolo; mentre in quella di sinistra un affresco con la SS. Trinità è attribuibile ad un maestro che ha visto le opere di Morazzone. La posa del Cristo, con la gamba visibile in primo piano, come anche i panneggi richiamano alla mente, per esempio, l'Incoronazione della Vergine nella Cappella del Rosario della Basilica di San Vittore, realizzata dal Mazzucchelli tra gli anni 1598-99.
La chiesa accoglie inoltre un sarcofago utilizzato come altare: rinvenuto durante gli scavi del 1928, si ritiene essere quello di Sant'Imerio, come attesterebbero le raffigurazione di pellegrini (Imerio e Gemolo?) scolpite sul sarcofago stesso.
Matteo Bollini
Dell'edificio originario, dopo l'ampliamento della zona presbiterale nei secoli XIV e XV e altre aggiunte Seicentesche, non resta che la parete meridionale della navata. Negli anni trenta del secolo passato, demolita una costruzione a ridosso di questa parete, è comparsa parte della muratura romanica costituita da grossi ciottoli, talvolta disposti a spina di pesce, e pietre non squadrate. Nella parte superiore sono tre finestre a doppio strombo, con piano inclinato e feritoia a sezione rettangolare. La tipologia della muratura e quella delle finestre fanno propendere gli studiosi per una datazione all'XI secolo.
Nel presbiterio invece sono gli affreschi in "stile gotico internazionale maturo". Attualmente la decorazione della volta e delle pareti nord e sud dell'abside è pressoché scomparsa o comunque poco leggibile. Nelle vele della volta, divisa da costoloni, era il Cristo in mandorla e i Dottori della Chiesa. Sulla parete nord e sud si Sarcofago - mensa della Chiesa di Sant'Imerio intravedono resti di una elaborata struttura architettonica seriale arricchita da cuspidi e fastigi in stile gotico, che inquadrano un motivo a conchiglia centrale.
Probabilmente questa partizione doveva accogliere le figure degli Apostoli. La parete di fondo è occupata invece da una Crocifissione con Maria, san Giovanni e la Maddalena ai piedi della Croce, inquadrata da San Michele e un Profeta, come se si trattasse di un'ancona.
Di pregevole fattura gli affreschi nelle cappelle laterali, certamente degni di un approfondimento più dettagliato. Nella cappella destra si trova la raffigurazione di una Madonna col Bambino attorniata da Santi, questi ultimi della seconda metà del XVII secolo; mentre in quella di sinistra un affresco con la SS. Trinità è attribuibile ad un maestro che ha visto le opere di Morazzone. La posa del Cristo, con la gamba visibile in primo piano, come anche i panneggi richiamano alla mente, per esempio, l'Incoronazione della Vergine nella Cappella del Rosario della Basilica di San Vittore, realizzata dal Mazzucchelli tra gli anni 1598-99.
La chiesa accoglie inoltre un sarcofago utilizzato come altare: rinvenuto durante gli scavi del 1928, si ritiene essere quello di Sant'Imerio, come attesterebbero le raffigurazione di pellegrini (Imerio e Gemolo?) scolpite sul sarcofago stesso.
Matteo Bollini